domenica 1 giugno 2014

Una frattura profonda


Scrive Alla Vajsband, filosofo, musicologo e critico d’arte:
«Oggi si usa dividere l’Ucraina fra attivisti giallo-azzurri e attivisti col nastro di San Giorgio, fra patrioti e traditori, fra separatisti e paladini dell’unità territoriale.
Ma esiste una frattura psicologica ben più profonda che divide la nostra società in due campi. Quelli che tripudiano davanti ai cadaveri dei nemici, perché sono nemici. E quelli che non ce la fanno a tripudiare perché sono cadaveri».

giovedì 15 maggio 2014

Sigov: "Siamo il polmone ferito, respirate con noi"

Secondo Konstantin Sigov, filosofo ucraino, «l’uomo è legato a ciò che crea la realtà, cioè è connesso con il Creatore, e questo lo rende libero dal potere. Questa idea di libertà dà la possibilità di vincere l’isolamento, di sentirsi pronti a dialogare con l’altro, che è ciò che ha dato origine all’Europa, secondo il desiderio dei suoi padri fondatori. La comprensione dell’altro, del diverso, è il tema chiave. In questo momento di profonda crisi politica, la gente ha recepito e vissuto davvero quello di cui ha parlato il primo presidente della Repubblica Ceca, Václav Havel, ne Il potere dei senza potere: l’uomo supera la menzogna dell’ideologia nella vita personale e sociale solo quando scopre l’altro, quando scopre la fiducia e la compassione»
«Il Maidan è stato il luogo dove si sono incontrati i membri parte dell’unione ucraina delle confessioni, e dall’altra parte chi non era pronto a partecipare a nessuna confessione. Si sono trovati insieme, sono stati solidali uno con l’altro e sono riusciti a collaborare con grandissimo rispetto reciproco».  

martedì 13 maggio 2014

Svetlana Panič: perdonateci

Svetlana Panič, storica della letteratura e traduttrice, ha scritto queste parole sul suo profilo facebook il 9 maggio, grande festa della vittoria sulla Germania.  

Da qualche parte ruggiscono grandezza e potenza, ma appena fuori dal centro la giornata, più che essere tranquilla, tace. Mentre vado a prendere il treno mi ferma una donna anziana. Molto anziana, direi di prima della guerra. Esita, poi mi dice a bassa voce: “Scusi, non mi potrebbe fare la carità, anche poco”. Arraffo delle monete. Come mi sono maledetta, poi, di non averle dato tutto quel che avevo, di non essermi offerta di accompagnarla in un negozio per comprare quel che voleva! Ho avuto appena la prontezza di rispondere al suo “Grazie” con un “Mi perdoni”. Poi ho pensato che questa è una parola molto importante oggi: perché non abbiamo trovato il tempo di farvi domande e di ascoltare, di ricordarci di voi non solo nelle feste ma quando eravate vivi. Perché sentendoci forti, sicuri di noi, intelligenti, non siamo stati capaci di salvarvi dalla miseria, dalle bugie e dalle umiliazioni. Perché trasformiamo le vostre sofferenze in un’arma contro chi la pensa diversamente. Perché, mentre combattevamo contro chi parassita la vostra memoria, e discutevamo se siano accettabili le canzoni che amate, quasi non ci siamo accorti di voi vivi. E di molto altro ancora: perdonateci. 

Solo in Cristo c'è unità

Nel 1948, don Divo Barsotti scrisse: 

In Cristo, Oriente e Occidente non sono due mondi divisi; rappresentano piuttosto due civiltà, due mentalità distinte, destinate a completarsi nella Chiesa Una. Ma se noi togliamo Cristo a questi due mondi non ci potrà essere alcuna possibilità di unione e d'intesa: Oriente e Occidente rappresentano allora due mondi divisi e destinati a scontrarsi in un urto che elida o l'uno o l'altro e sia, forse, la fine dell'uno e dell'altro. Sembra di far della retorica eppure rimane vero che Cristo soltanto può operare l'unità degli uomini e delle nazioni. Senza di Lui non c'è nulla fra gli uomini che valga a operare la loro unità: nessuna idea, nessun uomo. 

mercoledì 16 aprile 2014

Mosca e il dolore, chi sono io?


Un fatto, un gesto può lasciare scettici o interpellare. "Chi sono io, davanti al mio Signore?", si è chiesto e ci ha chiesto domenica Papa Francesco. Se c'è questa domanda, se il dolore e la responsabilità per quanto sta avvenendo nel mondo, a partire dal dramma a noi più vicino - in Ucraina e in Russia - ci ferisce e ci interpella, ogni parola può diventare testimonianza, inizio di unità. 
A volte dialogare diventa estremamente difficile, complice il martellamento psicologico dei mass media: verità che parrebbero elementari vengono lette ideologicamente, alla verità dei fatti si frappongono montagne di pregiudizi, complessi, reazioni istintive che impediscono di arrivare all'altro e farsi ascoltare. E' solo la commozione per un'esperienza di bellezza, di libertà visibile, tangibile, che ci riporta all'essenziale e ci rimette in gioco. 

mercoledì 9 aprile 2014

Ucraina, una luce per l'Europa

Cosa è successo al Majdan? – si chiede e ci chiede monsignor Braschi. Il Majdan rappresenta una sfida, “per la nostra e la vostra libertà”, come si leggeva in uno slogan di piazza Majdan. Quello che il Majdan ci insegna è il risveglio della propria coscienza, della propria dignità. Ed è una provocazione per noi. Perché l’appello agli ideali europei arriva a cadere in un’Europa che si è dimenticata dei suoi valori. 
Non si può proporre un’immagine di Ucraina russofoba o russofila, il problema è chiedersi seriamente: non è che, forse, gli ucraini abbiano il diritto di costruirsi la loro identità nazionale? Si tratta di una identità molto giovane, di appena vent’anni. Ma sul Maidan, una generazione di ucraini che non hanno vissuto in una regione appartenente all’Urss, ma in un Paese indipendente, ha dimostrato che una coscienza nazionale esiste già. E questa ha diritto di esprimersi. Riconoscere la bontà di certe politiche, a tutela dei valori cristiani, non deve impedire di riconoscere che altre azioni contrastano radicalmente una visione cristiana della storia e della dignità della persona. È facile cadere nella tentazione di cedere interamente la salvaguardia della Fede a un imperatore, a un potere politico. È una tentazione molto forte e molto antica. 

martedì 1 aprile 2014

Piazza Majdan c’è ancora

Il diario di uno studente di letteratura russa che è andato a vedere cosa succede nelle strade di Kiev, dopo i giorni caldi della rivolta popolare.

Sergej ritiene che la vera componente filorussa in Ucraina si trovi solo in Crimea, le altre manifestazioni filorusse che tanto sono state sbandierate da Putin, dice, “sono false, sono russi portati direttamente da lì”. Putin è terrorizzato dal Maidan non come evento singolo, ma per il ruolo di grancassa che può giocare anche in Russia: i russi potrebbero convincersi che ci si può ribellare ad un potere malato che stritola la popolazione. Ammette, infine, che l’Ucraina è responsabile di quanto avvenuto, come Stato e come insieme di cittadini, “che per vent’anni si sono disinteressati del paese, non si sono preoccupati di creare un esercito forte, né di preparare elezioni oneste e un Parlamento capace.”
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